Appia Antica, oggi |
Il confronto tra l’odierno sistema
viario italiano e quello dell’Antica Roma è, a dir poco, impietoso: strade e
ponti costruiti 2.000 anni fa sono ancora al loro posto ovviamente “invecchiati”,
ma sostanzialmente intatti e sembrano quasi farsi beffe dei moderni fondi
stradali pieni di buche e di viadotti spesso pericolanti. A questo punto forse
sarebbe opportuno farci un “ripassino” sulle tecnologie utilizzate dagli
ingegneri dell’Antica Roma.
Diciamo subito che, osservando l’Appia
Antica, la cosiddetta “regina viarum”, che procedendo diritta senza una sola
curva da Porta Capena a Terracina (per poi proseguire verso Benevento e
Brindisi), si potrebbe dire che nel 312 a.C. gli Antichi Romani hanno inventato
il concetto di autostrada: una strada che attraversa il territorio in modo
rettilineo senza fermasi di fronte ad ostacoli naturali come valli, montagne,
fiumi, scogliere, ma superandoli uno dopo l’altro in modo spettacolare, anziché
adattarsi ad essi, come avveniva prima, aggirandone i rilievi e seguendo i
costoni.
Ma com’erano costruite le vie consolari?
Diciamo innanzitutto che dovevano avere una carreggiata larga tra i 4 ed i 4,20
metri in modo da consentire a carri provenienti da direzioni opposti di
incrociarsi senza problemi e che ai loro lati c’erano due marciapiedi larghi 3
metri per permette alla gente di camminare facilmente. Le borchie di metallo
delle “caligae” dei legionari, ad esempio, li farebbero infatti scivolare sulla
superficie come se questa anziché di pietra fosse di ghiaccio.
Per realizzarle si scavava innanzitutto
un fossato largo 4-6 metri e profondo anche 2. Poi lo riempiva con 3 strati di
pietra: in basso uno strato di grandi massi arrotondati, sopra al quale ne veniva
posto uno di ciottoli di dimensioni medie ed infine quello superficiale
costituito da ghiaia mista ad argilla. Questa stratificazione del materiale dal
più grezzo al più fine è il segreto delle strade dell’Antica Roma in quanto
come un filtro porta via l’acqua piovana dalla superficie, impedendole di
ristagnare. Il tutto veniva poi ricoperto con un strato di grosse pietre
(basoli) disposte a scaglie di tartaruga che costituivano il manto stradale e
che, contrariamente al loro aspetto superficiale apparentemente esile, erano in
realtà veri blocchi di pietra squadrati simili a grandi cubi che con la loro
massa conferivano alla strada la necessaria stabilità e che disposti i un po’ a
schiena d’asino contribuivano a fare defluire lateralmente l’acqua piovana.
L’osservazione di più o meno recenti
disastri naturali dei quali siamo stati purtroppo tutti testimoni ci fa
apprezzare – ed, ahinoi, rimpiangere - lo spirito pratico degli Antichi Romani
che, ad esempio, in pianura cercavano per quanto possibile di costruire le loro
strade un po’ più in alto rispetto ai terreni circostanti in modo da renderle
meglio visibili anche in caso di nevicate e per proteggerle dall’acqua. Per lo
stesso motivo, quando una strada romana attraversava una vallata era realizzata
in posizione rialzata (diciamo, a mezza costa) per proteggerla da eventuali
esondazioni del fiume sottostante
La costruzione e la manutenzione delle
strade dell’Antica Roma erano una responsabilità dello Stato che nominava a
tale scopo una serie di sovrintendenti responsabili (“curatores”) e che si
faceva vanto dell’efficienza della propria rete viaria. Proprio come ai giorni
nostri!