I grandi costruttori hanno scelto
di non partecipare, decretando la chiusura del Motor Show di Bologna, la
storica kermesse italiana di fine anno. Per gli appassionati un dolore, per il
mercato la voglia e l’esigenza di trovare altre strade di comunicazione e di
ridurre i costi in un periodo di vacche magre che però così magre non sono
dappertutto.
Il mercato mondiale dell’auto
mostra infatti una crescita stabile, mentre per quanto ci riguarda siamo al
quarantesimo mese consecutivo in cui si registra un segno negativo. Se dieci
anni fa eravamo al intorno al quarto o quinto posto per immatricolazioni
annue con un volume di oltre due milioni e 250 mila unità, oggi ci
troviamo invece al dodicesimo con una stima, per il 2013, di circa un milione e
300 mila nuove targhe.
C’è unanime consenso sul fatto
che si tratti di un processo non attribuibile solo alla crisi economica
generale del Paese, anche se è evidente come sia stato seriamente influenzato
dalla stessa. I prelievi fiscali e le tassazioni hanno infatti provocato
una contrazione delle vendite. Quello che però è più grave è la preoccupazione
che un settore così fortemente in sofferenza sia ulteriormente
penalizzato dall’idea, obsoleta e distorta di fare cassa sicura e immediata con
l’auto. Non c’è più margine di manovra.

Analizzando ora la composizione
del nostro parco circolante, troviamo che un terzo è costituito da autovetture
Euro 0, Euro 1 ed Euro 2, cioè da vetture immatricolate prima del 2001 che
hanno livelli di sicurezza, consumi ed inquinamento molto lontani da
quelli dei modelli di più recente produzione. E’ un dato che indica come,
a prescindere dalle grandi strategie e scuole di pensiero sulla mobilità,
ci sia un bacino di sostituzione potenziale che vale circa 12 milioni di
vetture. Un volume sufficiente per far ripartire il mercato dei prossimi anni,
invertire la tendenza ed assicurare occupazione. Anche senza far crescere il
circolante.
Che cosa serve allora per
innescare il processo? La risposta è banale. Alla gente servono i soldi
da poter destinare al cambio dell’auto perché la crisi ha modificato la scala
delle priorità. Ma non solo. Per ripartire potrebbe essere d’aiuto anche
un’indicazione che facesse capire chiaramente che le auto ed i loro relativi
proprietari non saranno più obiettivi di facile prelievo fiscale. Un’ipotesi
suggestiva, rimbalzata anche nel convegno UNRAE dell’8 Ottobre, riguarda, ad
esempio, la possibilità di inserire le spese per l’auto tra le voci da
portare in detrazione o deduzione fiscale, come già previsto per i mobili e le
ristrutturazioni domestiche.
Ma finora dalla Politica non sono
arrivate risposte in merito. Occorre essere realisti e consapevoli del ruolo
che l’auto riveste nella nostra quotidianità. Fatto 100 la media europea,
l’Italia è sotto di 61 punti per quanto riguarda le dotazione di metropolitane,
sotto di 54,2 punti per quanto riguarda i treni per i pendolari e sotto di 38,8
punti per l’alta velocità (Studio di Lega Ambiente). E’ evidente come, in
questo contesto, l’auto abbia un ruolo di compensazione e che continuare a
punirla significa vessare la gente e minare l’efficienza del sistema.
A livello locale le Case
automobilistiche, dovendo affrontare cadute di volumi di vendita significativi,
si trovano necessariamente a ridisegnare i budget di comunicazione, valutando
attentamente canali e modalità, puntando ad un sempre più elevato ritorno
sull’investimento. Alla partecipazione ai classici grandi saloni
internazionali, gestita dagli "headquarter" centrali, le Case stanno
affiancando tutta una serie di attività di “marketing delle esperienze”, per
intercettare a livello locale specifici target, coinvolgendoli con attività ad
hoc, ritenute più incisive . Attualmente non sono ancora molte le Case che
adottano questo metodo, che selezionano
e mettono a sistema opportunità ben mirate a raggiungere i loro target
group, sul territorio. Ma sembra proprio che si stiano orientando sempre più in
questa direzione.