martedì 5 novembre 2013

Dalla crisi del petrolio a quella del litio?

Il mercato dell’elettrico deve ancora decollare e già si delineano nubi all’orizzonte delle fonti che dovrebbero assicurarci questa elettrificazione e portarci fuori dalla dipendenza dal petrolio. Un nuovo studio del Centro di Ricerche Europeo (JRC) ha identificato che 8 metalli, destinati oggi ad alimentare l’impiego di tecnologie a basso impatto ambientale ed alternative al petrolio, sono a rischio di disponibilità.
I settori direttamente coinvolti oltre ai veicoli elettrici sono l’eolico, il solare e l’illuminazione. Il rischio deriva dalla dipendenza dell’Unione Europea dalle importazioni, dalla crescente domanda mondiale e da ragioni geopolitiche. Lo studio si basa su un primo rapporto che ha esaminato le sei applicazioni fondamentali del piano strategico delle tecnologie energetiche (SET): eolico, solare, fissione nucleare, bioenergie, cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS) e rete elettrica.
Nello studio sopra citato, sono state riprese queste tecnologie unitamente ad altre 11 aree tra cui le celle a combustibile, lo stoccaggio di energia elettrica, i veicoli elettrici e l’illuminazione. Tutte queste tecnologie sono poi state analizzate valutando la stima dei quantitativi  di metalli richiesti in futuro. Dove possibile, lo studio disegna poi le esigenze della domanda di materiali sulla base dello scenario  energetico al 2050 disegnato dall’EU.
Le terre rare sono minerali che in pochi conoscono,
ma la cui richiesta è esplosa nel campo delle tecnologia
Lo studio ha utilizzato un approccio dal basso verso l’alto e ha fatto un inventario di tutti i metalli utilizzati in ogni tecnologia. La lista è fatta da nomi strani e probabilmente del tutto sconosciuti ai più, ma determinanti per affrontare il dopo petrolio. Il disprosio è stato identificato come il più a rischio, dato che si prevede che l'Unione Europea richiederà il 25% della fornitura mondiale prevista nel periodo 2020-2030 per soddisfare la domanda dell'Unione per veicoli ibridi, elettrici e turbine eoliche.
Altri materiali altrettanto importanti e le rispettive tecnologie, includono litio, neodimio grafite, praseodimio e il cobalto (per i veicoli ibridi ed elettrici); tellurio, indio, gallio e stagno (per l'energia solare), platino (per le celle a combustibile), indio, terbio, europio e gallio (per l’illuminazione), neodimio e praseodimio (per l’eolico) e indio (per il nucleare).
La domanda EU di litio è previsto che tocchi il 15% della fornitura globale, mentre quella della grafite il 10%.
Lo studio ha identificato poi alcune strade per rendere minimo il rischio di una possibile carenza di materie prime: 1) Aumentare l’offerta primaria con lo sviluppo delle miniere di “terre rare” in Europa, oggi solo allo stadio di avvio; 2) Riutilizzar / riciclare e ridurre  rifiuti. Sono significativi i miglioramenti fatti nel riciclaggio dei flussi di rifiuti post-industriali, come magneti, semiconduttori e rottami da fotovoltaico e ci sono opportunità a breve termine per il recupero di magneti da hard disk e fosforo dal settore dell’illuminazione; 3) Sostituzione. L'aumento del prezzo di questi materiali ha portato ad una significativa riduzione delle quantità utilizzate  per alcune applicazioni,  come ad esempio la riduzione di disprosio e neodimio nei magneti e la minimizzazione dello spessore di tellurio all'interno dei pannelli solari a film sottile. 
Il rapporto mette però in guardia anche contro una sovrastima dei rischi di carenza di materie prime per le tecnologie chiave, dato che ci sono ancora molti anni prima che alcune tecnologie raggiungano una grande diffusione e nei prossimi anni sembra che ci saranno numerose opzioni disponibili per mitigare i rischi individuati.
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