venerdì 13 dicembre 2013

Terre Rare tra estrazione e riciclo. L'Italia si interroga.

Macchine ibride ed elettriche, smartphone, computer, tecnologie a schermo piatto e tutti i prodotti dell’economia hi-tech, non potrebbero essere realizzati senza determinate materie prime e si stima che almeno 30 milioni di posti di lavoro nell'UE dipendano dall'accesso alle stesse.
Ci riferiamo alle “terre rare”, anche se in realtà tanto rare poi non sono. Si tratta di elementi come Ittrio, Lantanio, Cerio e altri per un totale di 17 specie chimiche, classificati sotto questo nome, nella famigerata tavola periodica di Mendeleev. Ma non solo di questi, perché pur non appartenendo alle “terre rare” giocano un ruolo significativo in ambito automotive/hi-tech anche il Titanio e l’Antimonio, un non metallo identificato dal simbolo Sb.  


L'accesso a queste preziose risorse sta assumendo un valore sempre più grande, basti pensare ai contenziosi tra Cina e Giappone sulla contesa di alcune piccole isole la cui ricchezza è data proprio dalla presenza di alcuni giacimenti di elementi rari. La Cina dispone del  97% delle riserve mondiali degli elementi chimici indispensabili per l'alta tecnologia e la sua politica di export “a geometria variabile” è un fattore di forte condizionamento degli equilibri economico industriali del nostro futuro.
E’ un dato di fatto che non è possibile sostenere l'industria delle tecnologie verdi, così come tutto il mondo digitale, senza la disponibilità di questi minerali. Sono infatti insostituibili per realizzare batterie, celle fotovoltaiche o turbine eoliche. Se pensiamo che l’incremento della domanda di questi elementi è già a due digit, non è difficile intuire le problematiche che una tale situazione può creare e cioè da un lato, la crescente domanda e dall’altro l’esigenza di gestire adeguatamente l’impatto ambientale dell’industria estrattiva di questi elementi. E, proprio in questa prospettiva, si stanno muovendo tutta una serie di iniziative mirate a recuperare questi materiali con l’obiettivo di massimizzare il valore del riciclo dei rifiuti elettronici.
E’ possibile pensare ad un’estrazione mineraria anche in altre aree geografiche, ben regolamentata e ad invasività controllata? In Toscana, per esempio, da anni una società canadese ha fatto domanda per ottenere licenze per l’estrazione di Antimonio, un elemento prezioso usato ad esempio per realizzare diodi e rivelatori a infrarossi. Secondo le indagini, la Toscana potrebbe diventare il secondo produttore mondiale di Antimonio. In Liguria invece c’è il 30% delle riserve mondiali di Titanio, elemento chimico che grazie all’eccellente resistenza all’acqua di mare viene usato per fabbricare parti dei propulsori marini o negli impianti di dissalazione. In Toscana, dopo qualche carotaggio le licenze sono state bloccate e in Liguria una legge regionale ha vietato l’attività estrattiva lasciando spazio al parco naturale della Beigua e Piampaludo. Quando nel Savonese si è iniziato a parlare di estrarre il Titanio non sono mancate le proteste della popolazione.«D’altronde possiamo scavare miniere in tutta Europa?» si chiede Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano. «È una soluzione inattuabile per i costi di estrazione, la sostenibilità complessiva e la sensibilità delle popolazioni. Chi fra i politici si farebbe paladino di un’iniziativa di questo tipo?».
Quanto al riciclo nei singoli Paesi, sarà questa un'azione capace, da sola, di bilanciare l'estrazione delle risorse concentrata in una ristretta area geografica? Bisogna prendere coscienza che  estrazione e riciclo dovranno coesistere. Trovare un punto di equilibrio sarà quindi fondamentale per capitalizzare sulle opportunità offerte dall’high-tech. E anche l’auto non può sottrarsi dal fare i conti con questa realtà.
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