giovedì 6 febbraio 2014

Pneumatici a fine vita: quando un problema diventa una risorsa

Filiera pneumatici fuori uso
Oggi si stima che ogni anno circa 350.000 tonnellate di pneumatici arrivino a fine vita. Sono i cosiddetti PFU (Pneumatici Fuori Uso) ovvero pneumatici rimossi dagli autoveicoli perché non più in grado di offrire prestazioni minime di sicurezza, che diversi decreti ministeriali impongono ai  produttori presenti sul mercato italiano di smaltire e di recuperare secondo precise norme.
Per farlo sono nati così diversi consorzi,  come ad esempio Ecopneus e Greentire, che si occupano dell’ottimizzazione e della gestione dei PFU in modo da trasformare quello che era un problema in una risorsa. I PFU presentano infatti caratteristiche chimico-fisiche che si prestano a numerose applicazioni. Una volta trasformati in granuli di varie dimensioni possono essere utilizzati per creare asfalti speciali o bitumi, campi da calcio, piste di atletica, aree gioco per bambini, elementi di arredo urbano, e per molteplici ulteriori impieghi.

Un altro obiettivo di questi consorzi è quello di tracciare i flussi relativi ai PFU, contribuendo ad evitare l'illegalità e gli stoccaggi abusivi degli stessi,  garantire il completo recupero nel rispetto delle priorità stabilite dalla Comunità Europea ed in particolare favorire il recupero di materia, prendendo in considerazione solo in ultima istanza il recupero energetico, perseguire politiche di “km0” nella raccolta degli pneumatici fuori uso,  partecipare alla ricerca per la valorizzazione sul mercato italiano ed internazionale dei prodotti derivati dal recupero degli pneumatici (gomma, acciaio e fibra tessile), contribuire a diffondere nell'ambito del settore dei PFU la conoscenza dei criteri virtuosi di sviluppo sostenibile,sfruttare le economie di scala per abbattere l'incidenza dell'eco-contributo, collaborare con le aziende produttrici di pneumatici per rendere il prodotto più facilmente recuperabile; porsi al servizio della collettività e dei soci per comunicare nelle sedi istituzionali e normative le esperienze maturate.
Come tutte le cose però anche questa operazione ha purtroppo un costo che tanto per cambiare finisce per ricadere sull’utente finale. Anche se a molti di noi è forse sfuggito, da qualche anno i pneumatici costano di più. Colpa del crescente costo delle materie prime certo, ma anche, a partire dal 7 Settembre 2011, dell’entrata in vigore dell’art. 228 del Decreto Legge 152/2006 che, uniformandoci a quanto avviene nei Paesi a noi vicini, impone per l’appunto a tutti i produttori ed importatori di pneumatici di provvedere al recupero di una quota di materiale proporzionale a quanto immesso nel mercato nel corso del precedente anno solare. Operazione che prevede anche un “contributo ambientale” (1,5 Euro a pneumatico per ciclomotori e motocicli; 3,0 Euro per quelli di autovetture ed autocaravan) da parte di tutti coloro che decidono di sostituire i pneumatici originali.

Tale contributo, di dicono “non è una tassa, ma l’importo necessario per provvedere al completo trattamento dei pneumatici fuori uso” (ovvero per pagare chi va a ritirare materialmente le gomme usate dai gommisti e le porta dove vengono smaltite). Alla fine dei conti però, lo si chiami come si vuole, sono altri soldi che l’automobilista od il motociclista è chiamato a tirare fuori dalle proprie tasche.
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