Filiera pneumatici fuori uso |
Oggi si stima che ogni anno circa
350.000 tonnellate di pneumatici arrivino a fine vita. Sono i cosiddetti PFU
(Pneumatici Fuori Uso) ovvero pneumatici rimossi dagli autoveicoli perché non più in
grado di offrire prestazioni minime di sicurezza, che diversi decreti
ministeriali impongono ai produttori
presenti sul mercato italiano di smaltire e di recuperare secondo precise
norme.
Per farlo sono nati così diversi consorzi,
come ad esempio Ecopneus e Greentire, che
si occupano dell’ottimizzazione e della gestione dei PFU in modo da trasformare
quello che era un problema in una
risorsa. I PFU presentano infatti caratteristiche chimico-fisiche che si
prestano a numerose applicazioni. Una volta trasformati in granuli
di varie dimensioni possono essere utilizzati per creare asfalti speciali o bitumi, campi da calcio, piste di atletica,
aree gioco per bambini, elementi di arredo urbano, e per molteplici
ulteriori impieghi.
Un altro obiettivo di questi consorzi è quello di tracciare i flussi relativi ai
PFU, contribuendo ad evitare l'illegalità e gli stoccaggi
abusivi degli stessi, garantire il completo recupero
nel rispetto delle priorità stabilite dalla Comunità Europea ed in particolare
favorire il recupero di materia, prendendo in considerazione solo in ultima
istanza il recupero energetico, perseguire
politiche di “km0” nella raccolta degli pneumatici fuori uso, partecipare
alla ricerca per
la valorizzazione sul mercato italiano ed internazionale dei prodotti derivati
dal recupero degli pneumatici (gomma, acciaio e fibra tessile), contribuire a diffondere nell'ambito del settore dei PFU la
conoscenza dei criteri virtuosi di sviluppo sostenibile,sfruttare le economie di scala
per abbattere l'incidenza dell'eco-contributo, collaborare con
le aziende produttrici di pneumatici per rendere
il prodotto più facilmente recuperabile; porsi al servizio
della collettività e dei soci per comunicare
nelle sedi istituzionali e normative le esperienze maturate.
Come tutte le cose
però anche questa operazione ha purtroppo un costo che tanto per cambiare
finisce per ricadere sull’utente finale. Anche se a molti di noi è forse
sfuggito, da qualche anno i pneumatici
costano di più. Colpa del crescente costo delle materie prime certo, ma anche,
a partire dal 7 Settembre 2011, dell’entrata in vigore dell’art. 228 del Decreto Legge 152/2006
che, uniformandoci a quanto avviene nei Paesi a noi vicini, impone per
l’appunto a tutti i produttori ed importatori di pneumatici di provvedere al
recupero di una quota di materiale proporzionale a quanto immesso nel mercato
nel corso del precedente anno solare. Operazione che prevede anche un
“contributo ambientale” (1,5 Euro a pneumatico per ciclomotori e motocicli; 3,0
Euro per quelli di autovetture ed autocaravan) da parte di tutti coloro che
decidono di sostituire i pneumatici originali.
Tale contributo, di dicono “non è una
tassa, ma l’importo necessario per provvedere al completo trattamento dei
pneumatici fuori uso” (ovvero per pagare chi va a ritirare materialmente le
gomme usate dai gommisti e le porta dove vengono smaltite). Alla fine dei conti
però, lo si chiami come si vuole, sono altri soldi che l’automobilista od il
motociclista è chiamato a tirare fuori dalle proprie tasche.