Consumi?
Emissioni? Potenza? Spaziosità? Guidabilità? Niente affatto. Oggigiorno la
principale motivazione d’acquisto di una nuova automobile sembra essere la sua
connettibilità ovvero la sua capacità di permetterci di restare sempre connessi
con il mondo esterno. Quasi come se l’automobile non fosse più un mezzo di
trasporto che ci serve per spostarci nel modo migliore da un punto
all’altro, bensì una specie di “scatola”
all’interno della quale poter continuare creare ed a condividere dati e
contenuti del web.
Secondo
uno studio della società di ricerca Gartner, ci aspetta un vero e proprio boom
delle connected car il cui numero di qui al 2020 sarebbe destinato a salire a
circa 150 milioni nel mondo. La diffusione a bordo degli ecosistemi di Google
(Android Auto) ed Apple (CarPlay) e soprattutto dei sistemi proprietari delle Case
favorirà notevolmente, secondo gli analisti, la crescita del fenomeno in quanto
semplificherà l'accesso e l'integrazione nei cruscotti di una vasta tipologia
di app mobili. Secondo un rapporto stilato all’inizio del 2014 da Abi Research,
entro il 2018 circa la metà dei sistemi di car infotainment interoperabili con
gli smartphone utilizzerà “iOs in the car”.
Ma
ci serve davvero tutto questo? Oppure è solo un modo come un altro per rendere
più appetibile il prodotto automobile in un momento di stanca del mercato in
assenza di innovazioni più rilevanti e concrete? Il dubbio, come si suol dire
in questi casi, ci pare lecito. Senza nulla togliere all’importanza ed allo
sviluppo dei social media, quante mail ed SMS restano senza risposta? Il flusso
delle informazioni o delle richieste di informazioni in uscita è certamente
elevato, ma non quanto di quelle in entrata. E non è un problema di tecnologia,
bensì di buona educazione. Come ci insegnavano i nostri genitori: salutare è
cortesia, rispondere è un obbligo.