2. I costruttori di veicoli elettrici. Stanno inseguendo l’incremento dell’autonomia di viaggio come il Santo Graal, sviluppando autonomamente o assicurandosi la tecnologia delle batterie più evoluta. Ora si parla della tecnologia delle batterie allo stato solido, ma già all’orizzonte è spuntata quella delle batterie di vetro… con il rischio che l’investimento ed il risultato raggiunto sia all’improvviso soppianato da un’altra soluzione… Alcuni costruttori stanno pensando ad una rete di centri in grado di sostituire rapidamente le batterie scariche con batterie cariche, pronte per l’uso. In questo caso è necessaria una standardizzazione del posizionamento delle batterie sul veicolo e sul sistema robotizzato di gancio e sgancio delle stesse.
3. Produttori di stazioni di ricarica o di sostituzione delle batterie. La situazione è quella del cane che si morde la coda. L’installazione di un impianto costa molti soldi, le vetture circolanti sono poche, il ritorno sull’investimento di breve termine non c’è e quindi le installazioni vengono dosate, valutando la progressione delle immatricolazioni. Senza considerare poi il tema dell’obsolescenza tecnologica legata alla tipologia: ricarica, ricarica veloce, ricarica ad induzione… Le immatricolazioni non cresceranno fintanto che non ci sarà una sufficiente capillarità della rete. Al riguardo, gli incentivi alla creazione di punti di ricarica sarebbero molto più efficaci, in termini strutturali, che non quelli rivolti all’acquisto del veicolo. Senza una sufficiente capillarità, l’utente ha delle remore ad acquistare un veicolo elettrico anche se incentivato. Difficile immaginare invece che si possa imporre sul mercato lo scambio delle batterie, dato che richiederebbe l’adozione di un rigido schema di posizionamento delle stesse da parte di più costruttori d’auto…
4. I Gestori di una rete di stazioni di ricarica (di proprietà o meno) interconnesse e funzionanti attraverso una piattaforma applicativa. Il Gestore può abilitare una o più aziende che offrono il servizio di ricarica elettrica ai cienti finali, cioè ai possessori di un veicolo elettrico. Può inoltre effettuare interconnessione e/o roaming con altre reti di ricarica, per consentire ai clienti finali di poter ricaricare l’auto elettrica attraverso un unico fornitore. In questo caso (interconnessione), un utente che ha un contratto con un fornitore, potrebbe rivolgersi presso un qualsiasi altro centro interconnesso e ricaricare anche presso una stazione della concorrenza. Un po’ come succede con il Bancomat; è possibile ritirare i soldi non solo presso i distributori della banca di cui si è correntisti, ma anche nelle altre banche, interconnesse/abilitate.
5. Le società che offrono il servizio di ricarica elettrica al cliente finale. Gestiscono il pagamento, si prendono cura dell’operazione di ricarica, e offrono servizi a valore aggiunto (prenotazione di una ricarica, visualizzazione su mappa delle stazioni libere) etc.
Tutto così facile? Non proprio. Il percorso in ogni caso è questo e in questo perimetro si giocherà il futuro dell’elettrico. Il modello di business che stiamo vedendo in Italia ha molto le sembianze del vecchio schema che vedeva ben separati da un lato i costruttori di auto e dall’altro i fornitori di benzina, gasolio, metano, etc.. Allora funzionò bene perché ci fu una crescita parallela e una comunione di interessi. Per l’elettrico, oggi, lo schema di gioco sembra però essere profondamente diverso.
In Giappone ad esempio hanno scelto di percorrere una strada inusuale. Costruttori di auto, leader mondiali di settore, insieme a fornitori di servizi di ricarica, a produttori di stazioni di ricarica e governo hanno condiviso una strategia e pianificato un percorso di sviluppo con precisi obiettivi, nel quale tutti hanno messo a fattor comune, esigenze, risorse umane, finanziarie e progetti.
Uno schema ripetibile anche in Italia? La domanda è spontanea e la risposta credo lo sia altrettanto.