lunedì 4 gennaio 2016

Smog, traffico e targhe alterne

Ormai è assodato e chiaro a tutti (od almeno così dovrebbe essere): targhe alterne e blocchi del traffico non servono a ridurre l’inquinamento urbano. I problemi sono altrove. La motorizzazione incide solo per una minima parte sull’inquinamento urbano. Era così anni fa. A maggior ragione lo è oggi alla luce tra le altre cose dell’impegno dei costruttori ad abbattere le emissioni. Altrimenti che senso avrebbero le varie normative Euro 4, Euro 5, Euro 6?

Perfino alcune componenti della pubblica amministrazione – messe di fronte ai dati inoppugnabili delle rilevazioni effettuate prima e dopo l’adozione dell’ultima ondata di provvedimenti restrittivi della circolazione -sembrano finalmente cominciare a rendersene conto. Dopo quanti anni di fallimenti e di problemi creati inutilmente alla cittadinanza?
Troppi, decisamente troppi, nei quali non si è limitato l’uso del mezzo privato da parte di coloro che abitano e si muovono in centro (e che probabilmente hanno più di un’auto, magari con targhe pari e dispari, possono accedere facilmente al car sharing e permettersi un taxi), ma si sono creati problemi a coloro che dalla periferia devono recarsi quotidianamente al posto di lavoro e per farlo dispongono solo di un’auto con magari dieci e più anni sulle spalle.
Ancora una volta però chi sperava in nuove proposte adeguate ai tempi ed alla realtà dei fatti, frutto di analisi e di studi approfonditi da parte di esperti dell’argomento, si è subito dovuto ricredere. La solita riunione convocata per dare una parvenza di risposta all’emergenza ha prodotto un pacchetto di interventi che sembrano scaturire soprattutto dall’emotività e dal sentito dire. L’anacronistica riduzione, ad esempio, di 20 km/h del limite di velocità nei centri città – tanto per restare nell’ambito della motorizzazione – sembra fatta più per accontentare alcune fasce dell’opinione pubblica (che da tempo invocavano un simile provvedimento) che per risolvere davvero il problema dell’inquinamento urbano. Ammesso e non concesso che sia possibile effettuare davvero i controlli del caso (da quanto tempo non vedete un autovelox in centro?), rallentare ulteriormente il traffico vuol dire trattenere maggior tempo i veicoli sulle strade urbane e quindi fare emettere loro una maggior quantità di gas nocivi. E soprattutto, ancora, una volta la soluzione (ammesso che tale sia) ricade sulle spalle dei cittadini.

A nessuno è invece mai venuto in mente di introdurre una normativa che imponga alle amministrazioni di sostituire i rispettivi parchi veicoli esclusivamente con mezzi meno inquinanti. Da tempo tutti i maggiori costruttori dispongono di collaudati autobus a propulsione ibrida ed elettrica, così come a metano ed a GPL, che potrebbero essere introdotti progressivamente, iniziando magari dalle linee che operano nelle zone centrali. Lo stesso discorso potrebbe essere fatto con i taxi (anche se, a dire la verità, molti tassisti già utilizzano vetture ibride), subordinando il rilascio delle nuove licenze all’uso di una vettura a basso impatto ambientale ed incoraggiando la sostituzione di quelle attualmente in loro possesso. Troppo difficile? Eppure sarebbe un norma semplice che non richiederebbe lo stanziamento di fondi particolari. E sarebbe anche di buon esempio per la cittadinanza. Perché, si sa, il pesce puzza dalla testa!
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