Ormai è assodato e chiaro a tutti (od
almeno così dovrebbe essere): targhe alterne e blocchi del traffico non servono
a ridurre l’inquinamento urbano. I problemi sono altrove. La motorizzazione
incide solo per una minima parte sull’inquinamento urbano. Era così anni fa. A
maggior ragione lo è oggi alla luce tra le altre cose dell’impegno dei
costruttori ad abbattere le emissioni. Altrimenti che senso avrebbero le varie normative
Euro 4, Euro 5, Euro 6?
Perfino alcune componenti della pubblica
amministrazione – messe di fronte ai dati inoppugnabili delle rilevazioni
effettuate prima e dopo l’adozione dell’ultima ondata di provvedimenti
restrittivi della circolazione -sembrano finalmente cominciare a rendersene
conto. Dopo quanti anni di fallimenti e di problemi creati inutilmente alla
cittadinanza?
Troppi, decisamente troppi, nei quali
non si è limitato l’uso del mezzo privato da parte di coloro che abitano e si
muovono in centro (e che probabilmente hanno più di un’auto, magari con targhe
pari e dispari, possono accedere facilmente al car sharing e permettersi un
taxi), ma si sono creati problemi a coloro che dalla periferia devono recarsi
quotidianamente al posto di lavoro e per farlo dispongono solo di un’auto con
magari dieci e più anni sulle spalle.
Ancora una volta però chi sperava in
nuove proposte adeguate ai tempi ed alla realtà dei fatti, frutto di analisi e
di studi approfonditi da parte di esperti dell’argomento, si è subito dovuto
ricredere. La solita riunione convocata per dare una parvenza di risposta all’emergenza
ha prodotto un pacchetto di interventi che sembrano scaturire soprattutto
dall’emotività e dal sentito dire. L’anacronistica riduzione, ad esempio, di 20
km/h del limite di velocità nei centri città – tanto per restare nell’ambito
della motorizzazione – sembra fatta più per accontentare alcune fasce dell’opinione
pubblica (che da tempo invocavano un simile provvedimento) che per risolvere
davvero il problema dell’inquinamento urbano. Ammesso e non concesso che sia
possibile effettuare davvero i controlli del caso (da quanto tempo non vedete
un autovelox in centro?), rallentare ulteriormente il traffico vuol dire trattenere
maggior tempo i veicoli sulle strade urbane e quindi fare emettere loro una
maggior quantità di gas nocivi. E soprattutto, ancora, una volta la soluzione
(ammesso che tale sia) ricade sulle spalle dei cittadini.
A nessuno è invece mai venuto in mente
di introdurre una normativa che imponga alle amministrazioni di sostituire i
rispettivi parchi veicoli esclusivamente con mezzi meno inquinanti. Da tempo
tutti i maggiori costruttori dispongono di collaudati autobus a propulsione
ibrida ed elettrica, così come a metano ed a GPL, che potrebbero essere
introdotti progressivamente, iniziando magari dalle linee che operano nelle
zone centrali. Lo stesso discorso potrebbe essere fatto con i taxi (anche se, a
dire la verità, molti tassisti già utilizzano vetture ibride), subordinando il
rilascio delle nuove licenze all’uso di una vettura a basso impatto ambientale
ed incoraggiando la sostituzione di quelle attualmente in loro possesso. Troppo
difficile? Eppure sarebbe un norma semplice che non richiederebbe lo
stanziamento di fondi particolari. E sarebbe anche di buon esempio per la
cittadinanza. Perché, si sa, il pesce puzza dalla testa!